Cominciamo subito con il definire di cosa si tratta.
La profondità di campo di una fotografia è tutto lo spazio che il nostro occhio percepisce come nitido.
Questo spazio, come abbiamo detto nella parte relativa alla messa a fuoco, non corrisponde al punto focale, ma lo ingloba.
Il punto focale infatti è solo un punto, mentre il nostro occhio è in grado di percepire come nitida anche una zona più o meno grande di fronte e dietro di lui.
L’ampiezza di questa zona nitida è dunque la profondità di campo della nostra fotografia.
Controllarla è una delle cose più importanti che chi fotografa deve imparare a fare, sia da un punto di vista della correttezza tecnica dell’immagine sia da un punto di vista della sua valenza espressiva.
E i fattori che ti permettono di controllarla sono 3:
Vediamoli uno per uno.
Ricorda:
Quindi, per esemplificare, a distanza del soggetto e lunghezza focale invariate, scattando a f/4 avrai una profondità di campo minore che a f/8.
Ovvero, l’area di nitidezza della foto sarà minore.
Molti, come abbiamo già visto nella parte specifica sul diaframma, fanno qualche pasticcio perché si confondono rispetto al numero “f”, non ricordando che quando esso aumenta significa che l’apertura del diaframma diminuisce.
Se però consideri la sbarretta “/”, per quello che è, cioè il segno che rappresenta le frazioni, la cosa diventa più facile da memorizzare: f diviso 8 infatti dà un numero più piccolo che f diviso 4.
Poiché dei tre sistemi di controllo della profondità di campo quello dell’apertura diaframma è il più utile e utilizzato, ti propongo di provarlo facendo un piccolo esercizio:
Noterai anche, ed è la cosa più importante che, persino in una foto così banale, cambiare la profondità di campo cambia completamente la percezione del soggetto e dello sfondo. Ne parleremo diffusamente nella parte relativa alla composizione fotografica.
Noterai infine che la profondità di campo non è la stessa davanti e dietro al soggetto, ma che è più estesa dietro al piano focale che davanti ad esso.
Per definire quanto, in generale si utilizza come “rule of thumb” (“regola del pollice” in inglese, ovvero metodo di stima approssimata), il valore 2/3, 1/3.
Cioè, l’area di nitidezza si estende 2/3 dietro al punto focale e 1/3 davanti ad esso, ovvero dietro il punto focale è circa il doppio che davanti.
Si tratta di una regoletta empirica molto approssimativa, ma che può essere utile per sapere grossolanamente cosa succede attorno al punto focale che hai scelto.
ESEMPIO DI SVOLGIMENTO DELL'ESERCIZIO SULLA PROFONDITA' DI CAMPO
Ho posizionato le lattine come richiesto dall'esercizio, ovvero allineate e a 40 cm di distanza l'una dall'altra. Ho impostato la fotocamera in priorità di diaframma e messo a fuoco sulla prima lattina.
Per la foto che puoi vedere alla tua sinistra, ho impostato il diaframma a f/22, ovvero molto chiuso. Il risultato è che tutte e tre le lattine sono a fuoco.
Nella foto di destra, invece, ho aperto il diaframma fino a f/2.8. Il risultato è che solo la prima lattina risulta a fuoco, mentre le altre sono sfuocate.
Ricorda:
Quindi, quando scatti con un teleobiettivo hai meno profondità di campo di quando scatti con un grandangolare.
Se noti, ho enfatizzato in grassetto la parola “obiettivo”, proprio per ricordarti che parliamo della sua lunghezza focale intrinseca, non della lunghezza focale equivalente a cui scatti.
Quest’ultima infatti dipende anche dal sensore della tua macchina fotografica.
Per esempio, le fotocamere compatte, grazie al crop factor del loro piccolo sensore, possono zoommare magari a 200 mm, o a 1000 mm, o addirittura di più.
Però la loro profondità di campo rimane comunque molto grande, perché la lunghezza focale intrinseca dell’obiettivo che montano è tipicamente molto bassa, magari anche solo 20 mm.
Certamente ti sarà già capitato di sentir dire che la focale più adatta per il ritratto è il medio teleobiettivo (80-90mm in formato Full Frame; l'abbiamo accennato anche in una delle prime lezioni di questo corso). Ora, anche se non bisogna prendere alla lettera questa come pure tutte le altre regole di cui hai sentito e sentirai parlare in fotografia, ci sono delle ragioni per cui questa affermazione ha un suo fondamento:
Puoi provarlo molto semplicemente con un piccolo esperimento.
Se hai scattato con Full Frame noterai che, a 90mm f/5.6, praticamente solo la testa del soggetto è davvero a fuoco, tutto quello che sta davanti al suo naso o dietro le sue orecchie comincia già a essere sfuocato (se avessi scattato a f/2, addirittura il naso avrebbe potuto essere già fuori fuoco).
Viceversa, a 35mm, il cespuglio (o la lampada) continueranno a essere a fuoco, e solo gli elementi più lontani sullo sfondo saranno davvero sfocati.
Se hai usato una APS-C, a 50mm non avrai lo stesso isolamento che ottieni con un 90mm su una Full Frame, ma comunque il cespuglio sarà chiaramente sfocato (che poi è la cosa che vuoi). Al contrario, con il 20mm, praticamente quasi tutto sarà a fuoco, il soggetto è immerso nel suo ambiente.
ESEMPIO DI SVOLGIMENTO DELL'ESERCIZIO SUL RITRATTO E PROFONDITA' DI CAMPO
Ecco il mio soggetto disponibile a farsi ritrarre: Winnie Pooh.
Ho impostato la mia fotocamera in priorità di diaframma a f/5,6. Vediamo le due foto qui sotto.
Ho scattato con la mia full frame, e un obiettivo 24-70mm - f/2.8.
A sinistra vedi la foto con obiettivo a 24 mm: c'è il soggetto al centro, che è il pupazzo sull'altalena; ci sono degli elementi prima del pupazzo e tutto lo sfondo del giardino dietro. La maggior parte degli elementi in lontananza risultano sfuocati.
A destra invece, puoi vedere la foto scattata con obiettivo a 70mm, sempre con f/5.6. Gli occhi del soggetto e il suo volto sono a fuoco. Gli oggetti dietro il pupazzo invece non sono a fuoco.
Ora ricorda:
Si tratta di un meccanismo di controllo certamente utile, ma da utilizzare con molta attenzione: perché se ti allontani o avvicini al soggetto cambia anche quello che si vede all’interno della tua foto.
E quindi è una strategia da utilizzare solo quando la dimensione relativa dell’immagine non è importante.
Vediamo un esempio:
Decidere che cosa far rientrare nella zona di nitidezza, ovvero decidere la profondità di campo della tua fotografia, è uno degli elementi più importanti attraverso cui puoi esprimere la tua creatività.
In questa maniera infatti puoi influire sulla percezione del soggetto e dello sfondo, sui colori, sulle relazioni fra i vari elementi dell’immagine.
Il modo più semplice per mostrartelo è attraverso delle foto:
Osserva come, nei due ritratti qui sopra, il soggetto si stagli nettamente rispetto allo sfondo sfocato (si chiama effetto bokeh).
Uno sfondo nitido avrebbe indubbiamente tolto importanza al soggetto principale, rendendo queste immagini meno impattanti.
In particolare poi nella prima, dove il colore della camicia del bambino sarebbe quasi scomparso sul fondo ugualmente blu, se non fosse stato per il potente sfocato applicato allo sfondo.
Nel ritratto è quasi sempre fondamentale mantenere una ridotta profondità di campo, lavorando però il più possibile sull’apertura del diaframma, e il meno possibile sulle altre due strategie.
Infatti:
Qui sopra, maniere diverse di fare una foto di paesaggio: nella foto più in alto, diaframma chiuso al massimo per ottenere la massima profondità di campo. Naturalmente, poiché chiudendo al massimo il diaframma bisogna aumentare il tempo di scatto (se no non passa abbastanza luce) è stato indispensabile utilizzare un treppiedi.
Il soggetto della foto diventa così il paesaggio stesso, con la sua magnificenza e profondità.
Nella foto più in basso invece, il diaframma è più aperto, e complice una lunghezza focale maggiore si ottiene uno sfocato in grado di concentrare l’attenzione sulla ragazza accovacciata, lasciando il paesaggio più indeterminato, sfocandolo un po'.
Nelle due foto qui sopra, vedi soggetti simili ma letture completamente diverse, ottenute grazie a diverse scelte di profondità di campo.
Nella foto in alto una focale corta e il diaframma chiuso hanno permesso di avere nitidezza sia sui ciclisti sia sullo sfondo: è la celebrazione del gesto atletico dell’uomo che si immerge nella grandezza della natura.
Nella foto in basso invece, focale un po’ più lunga e diaframma decisamente più aperto per avere nitidezza sopratutto sul ciclista: è solo lui il soggetto, mentre lo sfondo, sfocato ma comunque ancora ben visibile, assume un significato metaforico di direzione verso cui il soggetto va.
Tipico isolamento del soggetto in una foto sportiva. Si tratta di una situazione interessante perché è un piccolo compendio di tecnica fotografica.
La combinazione di diaframma molto aperto e grande lunghezza focale rendono lo sfondo molto sfocato, così che l’atleta, ben a fuoco sul primo piano, emerge molto bene nel fotogramma.
Certamente l’autofocus è in modalità AF – C ( o AI-Servo se stai utilizzando Canon), per poter seguire con precisione il movimento dell’atleta.
Area singola o Area estesa? Entrambe possibili, ma visto che grazie al Tele riesco a rendere il soggetto bello grande, secondo me l’area singola è preferibile.
In questo tipo di foto sportive avere una ottica di qualità è fondamentale, sia per avere a disposizione aperture diaframma ampie, sia per contenere le distorsioni ottiche tipiche degli scatti a focali lunghe/lunghissime (se ti piace la fotografia sportiva, sappi che è quella con l’attrezzatura più costosa in assoluto!).
Un’asse di legno e una siepe: con un’attenta gestione della profondità di campo un soggetto insulso si trasforma in una foto interessante.
E’ bastato aprire il diaframma al massimo e staccare il primo piano dallo sfondo, tra l’altro diversi anche sul piano della texture e del colore, per ottenere una foto interessante di un soggetto altrimenti banale.
Nella parte sulla composizione fotografica approfondiremo ulteriormente l'importanza della profondità di campo.
Nella prossima lezione parleremo invece di "movimento".